Dai monasteri medievali al guardaroba maschile contemporaneo

Solitamente considerate come un modello “più giovane” e meno formale rispetto a un grande classico delle calzatura maschile come la Oxford, in realtà la Monk affonda le proprie radici nel passato, addirittura nel Medioevo.
Anche se non esistono fonti che possano stabilire un tempo e un luogo precisi riguardo all’avvento di questo modello di scarpa, gli studiosi sono piuttosto sicuri che l’origine sia da andare a cercare nei monasteri medievali — da qui il nome: Monk, monaco.

Se la tradizionale calzatura dei monaci era infatti il sandalo a due fibbie, nelle zone dal terreno più aspro e meno clementi a livello climatico, i religiosi cominciarono a confezionarne delle versioni che coprissero meglio il piede.
Utilizzate dunque come scarpe da lavoro, le Monk cominciarono a diffondersi in tutta Europa e nel 15° secolo ce n’erano già diverse varianti, alcune ancora molto simili ai sandali, altre alte fino alla caviglia.

La Monk che conosciamo oggi è stata sviluppata nell’800, utilizzata come modello “formale ma non troppo”, una sorta di via di mezzo tra una Oxford e una Derby, capace di suggerire eleganza ma con una nota di vivace personalità.
Negli ultimi anni viene utilizzata sia abbinata a un abito elegante sia con un abbigliamento più casual (c’è chi osa addirittura coi bermuda).

QUALCHE TECNICISMO…

Attualmente, alla classica Monk, essenziale e con una sola fibbia, si affiancano anche versioni più elaborate a due (Double Monk) o addirittura tre (Triple Monk) fibbie, in alcuni casi colorate.
Oltre al modello basso vi sono anche stivaletti e scarpe con tomaie parzialmente aperte.

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