Dai nativi americani a modello-icona dalle origini incerte
In principio era il mocassino. Non quello che conosciamo oggi — che deriva, come abbiamo abuto modo di spiegare qui, dalle calzature tradizionali lapponi — ma quello sviluppato nel corso dei secoli dalle popolazioni native americane: una calzatura molto semplice, leggera e flessibile, fatta solo di pelle e cuciture, perfetta per la caccia e l’esplorazione, e spesso decorata da perline e frange. Queste ultime non avevano solo una funzione di abbellimento ma anche pratica: servivano infatti a favorire lo sgocciolamento dell’acqua in caso di pioggia, permettendo anche alla pelle di asciugarsi prima.
Non è ben chiaro come dal mocassino si sia arrivati al cosiddetto indianino, che ha iniziato a diffondersi in Italia tra la fine degli anni ‘70 e l’inizio degli anni ‘80. L’ispirazione arriva chiaramente — fin dal nome — dalle calzature dei nativi americani, ma si tratta in questo caso di stivali o stivaletti, anche questi caratterizzati da una grande attenzione per comfort e leggerezza, e decorati con frange e borchie.
Grazie anche ad aziende come El Vaquero e L’Artigiano di Riccione, gli indianini sono diventati delle vere e proprie icone, che resistono ai capricci della moda e continuano a ritornare in versioni sempre aggiornate, tra pelli ricercate, decorazioni di ogni genere, forma e colore, e variazioni sul tema, tra cui caldi modelli invernali foderati di pelo, stivaletti estivi con la punta aperta e perfino infradito.

L’Artigiano di Riccione

L’Artigiano di Riccione

L’Artigiano di Riccione

L’Artigiano di Riccione

L’Artigiano di Riccione

L’Artigiano di Riccione

L’Artigiano di Riccione

L’Artigiano di Riccione
QUALCHE TECNICISMO
L’indianino viene solitamente realizzato quasi interamente a mano.
«La prima fase è la scelta della pelle, che viene tagliata così da avere tutti gli elementi, sia per la tomaia che per la suola interna» ha spiegato a Italian Shoes l’azienda L’Artigiano di Riccione, impresa familiare fondata negli anni ‘50 dalla famiglia Barnabè.
Successivamente le varie parti della tomaia vengono forate e assemblate tramite dei rivetti. Per mezzo una cucitura a macchina, la suola interna si fissa al fondo in gomma (si possono usare anche altri materiali, tuttavia la gomma si presta meglio, per flessibilità ed elasticità) e questo viene unito alla tomaia con una cucitura a mano, che rimane visibile ed è una delle caratteristiche peculiari dell’indianino.
Dopodiché ci si può sbizzarrire con le decorazioni.