Dalle borse in midollino alle calzature: il passato si intreccia con il futuro da oltre 60 anni

Gli inizi

Le storie più belle nascono spesso da una intuizione, una scintilla che diventa idea, un esperimento che diventa prodotto, un saper fare artigianale che si tramanda nel tempo. Sono questi gli ingredienti di Rodo, l’azienda marchigiana che deve il suo nome al fondatore Romualdo Dori che nel 1956 intuì che i cesti di vimini per fare la spesa nei mercati o portare i panni potevano diventare degli accessori raffinati. Ecco che inizia a creare a mamo le prime borse in midollino e per renderle preziose ci applicò delle guarnizioni di ottone 24 carati. Da Lastra a Signa, dove aveva iniziato presso l’azienda di famiglia che faceva borse in paglia, si spostò nelle Marche e nel 1961 aprì la prima fabbrica a Mogliano, luogo di eccellenza dell’intreccio, quello che sarebbe diventato il segno distintivo del marchio. Ancora una volta il territorio, con le sue tradizioni artigiane e le abili mani delle maestranze locali, contribuisce al successo di un brand. Che arriva prima all’estero, già nel 1967, quando Romualdo Dori si sobbarcava due giorni di viaggio per recarsi a New York da Saks Fifth Avenue e tornare con un ordine di 32.000 borse. Negli anni Settanta inizia la produzione di borse in pelle e si affianca una officina che realizza gli accessori in metallo. Sono gli anni in cui entrano in azienda i figli di Romualdo, Gianni e Maurizio, che dal padre hanno ereditato la passione per il lavoro e la creatività e iniziano anche a diversificare la produzione di borse. “Nel 1975 ero tornato dalla Francia – racconta Gianni Dori, Ceo e responsabile commerciale – dove vendevamo le nostre borse in capretto rovesciato a Charles Jourdan e c’era la necessità di abbinarci anche le calzature. Dapprima iniziammo a commercializzarle, ma ben presto sentimmo la necessità di produrle noi stessi seguendo i nostri canoni di qualità, unicità e stile”.

 

La Crescita

Ed è proprio con la produzione delle calzature nel 1975, prima a Firenze in un piccolo calzaturificio e poi nella fabbrica di Mogliano, che Rodo inizia a crescere e a diversificare i mercati. “Fino al 1965 – spiega Gianni Dori – nostro padre lavorava al 90% con il mercato americano. Da allora in poi il nostro export venne suddiviso in parti uguali fra Usa, Italia, Europa e Asia e nel tempo ci siamo guadagnati le più belle vetrine dei department store delle capitali internazionali e quelle dei migliori negozi italiani. La nostra forza è proprio quella di aver sempre operato su tanti mercati”. “La crisi degli anni 2008-2012 ha toccato tutte le aziende – continua –  e anche il marchio Rodo ha sofferto, ma da allora l’azienda si è trasformata moltissimo e nel 2018 abbiamo triplicato gli spazi e diviso la pelletteria dal calzaturificio creando due unità autonome. Oggi lavoriamo anche per alcuni marchi top del lusso e, nonostante la parentesi della pandemia, nel 2022 abbiamo superato il fatturato rispetto ai livelli pre covid”. Rodo si è dunque caratterizzata nel tempo con una produzione di nicchia, presente in 170 negozi top nel mondo con alcuni dei quali si è creata una vera e propria liaison. Un esempio su tutti, con Lane Crawford di Hong Kong, il rapporto commerciale prosegue da oltre 40 anni.

La qualità

Le borse e le calzature Rodo sono la sintesi di qualità, modernità e artigianalità, anche se la produzione è realizzata con le macchine. Sembra una contraddizione, in realtà l’espressione delle nuove tendenze della moda contemporanea nasce sempre da un approccio artigianale alla materia prima e al processo di produzione in alcune fasi. “Crediamo che il sapere artigiano sia conoscenza del mestiere e padronanza del gesto: la manualità si pone al servizio dell’idea, della forma, della proposta creativa – spiega Dori – . L’artigianalità industriale si realizza quando un processo di lavoro in serie è ispirato e organizzato a partire dalla sequenza della gestualità dell’artigiano e quando alcune fasi, come quella del taglio dei pellami nel nostro caso, avviane ancora manualmente. Ma, soprattutto, ci definiamo artigiani del lusso perchè non produciamo migliaia di pezzi, ma collezioni ridotte”. Molti oggetti Rodo sono delle piccole opere d’arte, impreziosite da dettagli-gioiello applicati a mano che hanno conquistato anche le celeb, da Nicole Kidman a Jessica Alba, da Jennifer Lopez a Penelope Cruz: è facile vederle nelle occasioni più mondane con una borsina tempestata di cristalli e un paio di sandali glam firmati Rodo.

Il futuro

Intanto in azienda è entrata la terza generazione: la figlia di Maurizio, Martina, che lavora col padre da oltre dieci anni e si occupa dello sviluppo creativo delle borse, i figli di Gianni, Giorgio e Lorenzo, non ancora trentenni e impegnati rispettivamente nelle calzature e nell’area commerciale. Nel futuro dell’azienda c’è lo sviluppo del retail attraverso l’apertura di negozi monomarca. Dopo la chiusura del negozio di Milano in seguito alla vendita e ristrutturazione del palazzo di Corso Matteotti, ora completamento vuoto, entro l’anno prossimo è auspicabile una nuova apertura nella città meneghina, per proseguire in altre capitali internazionali, un progetto che era stato interrotto dalla pandemia. ”I monobrand – dice Dori- sono indispensabili per amplificare la conoscenza e la visibilità del marchio. Lo avevamo capito quando nel 2007 avevamo aperto un corner alla Rinascente che aveva avvalorato l’importanza del nostro posizionamento alto e spinto la clientela a cercare i nostri prodotti in altri departmento store all’estero”. Oggi, in generale, il marchio Rodo è suddiviso in parti uguali fra calzature e borse, anche se il peso varia a seconda della stagione, ad esempio in quella estiva prende il sopravvento la calzatura.

Flavia Colli Franzone

Gianni e Maurizio Dori con i figli Giorgio, Lorenzo e Martina

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