La pandemia ha cambiato profondamente le aziende, accelerando alcuni processi già in atto e innescandone altri alla ricerca di nuovi modelli di business. Di questo si è parlato nel convegno “Made In Italy, la sfida della ripresa tra crisi e transizione” svoltosi in Confindustria Moda il 23 novembre al quale hanno partecipato gli esponenti dei settori che aderiscono al Cluster Tecnologico Nazionale del Made in Italy (Cluster MinIT), fra cui anche quello calzaturiero. Si tratta di una piattaforma strategica di dialogo fra imprese, università, enti di ricerca pubblici e privati, incubatori e altri attori che sono attivi nel campo dell’innovazione. Come ha spiegato la presidente del Cluster, Silvana Pezzoli, “Stiamo lavorando a un sistematico approfondimento dei temi chiave per gli operatori del made in Italy, mettendo a disposizione le conoscenze e le competenze dei nostri partner che condividono problematiche comuni”. Fra i 60 associati alla piattaforma, oltre al settore calzaturiero ci sono anche quelli del sistema della moda e orafo, dei settori nautico e arredo, accomunati da temi quali l’innovazione, e la sostenibilità. Ancora una volta emerge che per il rilancio del made in Italy è necessario fare squadra fra aziende, Università e ricerca. Giovanna Ceolini, presidente di Assocalzaturifici, ha sottolineato che la pandemia ha spinto le aziende verso l’online, implementando l’e.commerce e creando piattaforme per gli ordini invenduti e per le rimanenze. “Però, l’80% delle aziende del settore ha una media di 15 dipendenti – ha spiegato Ceolini – e mancavano le persone e le competenze per la digitalizzazione. Questa situazione, tuttavia, ha rappresentato una sfida e molte aziende hanno investito sul digitale. Abbiamo anche riscoperto il valore della filiera, che è diventata più corta e quindi più sostenibile”. L’e-commerce è stata una opportunità anche per il settore dell’arredo, come ha spiegato la presidente di Assarredo Maria Porro, perchè la pandemia ha fatto riscoprire la centralità della casa e, grazie al web, ha avviato un contatto più diretto fra le aziende e il consumatore finale. Anche per il settore nautico, rappresentato da Marina Stella e altro fiore all’occhiello del made in Italy, il fatturato è cresciuto nel 2021 perchè la barca è stata vista come una casa galleggiante e strumento di distanziamento sociale. Per tutti i settori, la filiera è la forza del made in Italy e Ceolini ha ricordato: ”nei distretti ci sono tanti piccoli fornitori e artigiani, alcuni hanno dovuto chiudere, ma quelli rimasti vanno sostenuti per mantenere il saper fare e non disperdere le competenze”. Eugenio Massetti, vicepresidente di Confartigianato, ha infatti sottolineato che “la dimensione artigianale non è una sciagura, ma una opportunità. Tutti i grandi brand della moda cercano gli artigiani per dare valore ai loro prodotti”.

Un momento del Convegno. I relatori da sinistra: Giovanna Ceolini (Presidente Assocalzaturifici), Eugenio Massetti (Vice Presidente Confartigianato), Maria Porro (Presidente Assarredo), Marina Stella (Direttore Generale Confindustria nautica) e il moderatore Andrea Guolo
Un altro tema importante emerso dall’incontro è quello del ricambio generazionale e della formazione. Ha detto Ceolini: “i giovani si sono allontanati dalle aziende e ora dobbiamo presentare loro un nuovo modello di business dialogando con il loro linguaggio attraverso i social, l’e-commerce, i filmati, per far capire l’importanza del prodotto. Allo stesso tempo, come aziende ci avviciniamo alle scuole; abbiamo iniziato con le superiori, ora addirittura con le elementari. Vogliamo quindi spiegare ai giovani che il settore ha subito una trasformazione tecnologica che può interessare e attrarre le nuove generazioni e farle innamorare di questa professione”. Assoarredo e Federlegno, ad esempio, hanno fondato nel distretto della Brianza una scuola con la collaborazione di Regione Lombardia che prevede un percorso di 3 anni e poi un corso post diploma in digital marketing per l’arredo e tecniche di prototipazione. Ogni anno attira 250 studenti, che non sono sufficienti a colmare l’offerta di lavoro, ma è una iniziativa importante per formare i giovani attraverso docenti che arrivano dal mondo dell’impresa. Ed è proprio nella formazione di tecnici, anche per il settore calzaturiero, che la scuola italiana è più carente, mentre per altri profili a livello universitario l’offerta è più articolata.