Simone Cecchetto con il suo brand A1923 esplora le proprietà della pelle e della costruzione delle calzature

Costruite a mano con lesina e filo: così Simone Cecchetto, alias ADiciannoveventitre/A1923, plasma le sue calzature in cuoio, materiale di partenza per tutti i suoi modelli. Eppure dice che la definizione di artigiano gli va stretta, se come tale si intende chi lavora le calzature nel segno della tradizione. “Io mi allontano dalle proporzioni reali – precisa – le mie scarpe sono provocazioni con volumi non rassicuranti. Forme allungate, bombate che non ci si aspetta di trovare nella bottega di un artigiano”. Eppure Simone Cecchetto, più artista che artigiano,  fa tutto a mano, aiutato da altre due persone, quindi una piccola produzione a chilometro zero, manipolando e plasmando la materia che come tale mostra imperfezioni e piccoli difetti, che diventano punti di forza da esaltare. “Chi le indossa completa l’opera – spiega – vivendo le calzature, partecipando quindi al completamento del mio lavoro”.

Un lavoro al quale Cecchetto si è avvicinato nel 2006, dopo aver collaborato come assistente dello stilista Rick Owens per il quale faceva ricerca sui pellami sia per l’abbigliamento sia per le calzature. Oggi lavora con alcuni prestigiosi negozi come LuisaViaRoma di Firenze e Antonioli di Milano.

Simone Cecchetto era presente a Pitti Uomo con il nuovo progetto di Cuoio di Toscana “Do not handle with care”, per lanciare il messaggio, attraverso le sue creazioni, che il cuoio toscano, di alta qualità e sostenibilità, col passare del tempo assume più bellezza e valore, in virtù delle sue venature e imperfezioni naturali. Da profondo conoscitore della materia, Cecchetto vorrebbe trasmettere ai giovani questa passione per la pelle per avvicinarli alla lavorazione della calzatura perché, dice, “è ancora considerato un lavoro sporco, invece bisogna insegnare ai giovani a usare la materia in modo diverso, a spiegare loro che ci sono concetti molto più profondi legati alla pelle, che provengono dall’arte, dalla storia, dall’antichità e da come si indossavano gli animali”.

Flavia Colli Franzone