Nel settore calzaturiero ci sono alti e bassi: bisogna essere elastici come un gommino

LE ORIGINI

L’arte calzaturiera scorre letteralmente nel sangue della famiglia Del Carratore, che da novant’anni, a San Lorenzo alle Corti, paesino alle porte di Pisa, dirige il Calzaturificio Augusta, tra le più longeve aziende italiane nel settore.

La storia di Augusta, in realtà, comincia ancora prima, e affonda le radici nel XIX secolo, quando il piccolo artigiano Ranieri Del Carratore fonda la sua bottega di zoccoli in legno. È il 1895 e bisogna attendere ancora qualche anno perché l’attività passi a suo figlio Giuseppe, che nel 1927 la trasforma in un’azienda più strutturata, dedita principalmente alla produzione di stivali con la suola in gomma (gomma Pirelli, per la precisione, la stessa utilizzata per gli pneumatici delle auto) destinati al mercato americano.

All’epoca il calzaturificio non si chiama ancora Augusta, ma Alaska, nome che evoca climi freddi e vita dura, il posto perfetto per indossare quegli stivali italiani che tanto piacciono oltreoceano. Alaska però non produce soltanto anfibi ma anche scarpe da uomo e da donna, comprese le pantofole, che Giuseppe ha l’intuizione di realizzare con tessuti particolari e ricercati, tanto che i clienti cominciano a utilizzarle anche fuori da casa.

Negli anni ’40, poi, su idea di Desdemona, moglie di Giuseppe, s’affaccia anche una piccola linea di calzature da bambino. Ma la prima, vera trasformazione arriva nel dopoguerra, quando l’azienda comincia a specializzarsi in lavorazioni sempre più fini e a spostarsi verso collezioni via via più raffinate, diventando in seguito un calzaturificio prevalentemente da donna, cambiando di conseguenza il nome, e aggiungendo all’originario Alaska anche la denominazione Augusta, che evoca l’italianità.

LA CRESCITA

Negli anni ’70 l’azienda conosce un periodo molto florido, soprattutto sul mercato tedesco.

Nel 1978 Giuseppe lascia nelle mani dei figli un’azienda ormai a vocazione internazionale, scrivendo nel suo diario: «cedo il timone della mia ditta calzaturificio Alaska-Augusta ai miei figli Ranieri, Osanna e Maria e che costituiranno il presente Calzaturificio Augusta». Alaska scompare dal nome, dunque, e le redini della società passano a Ranieri Del Carratore, che porta lo stesso nome del nonno da cui tutto è iniziato.

Nei primi anni 2000, Ranieri è affiancato dai figli Elena e Alessandro, che si dividono ruoli e responsabilità: «ad Alessandro i numeri, a me la parte creativa», spiega Elena.

Dopo il 2005 l’azienda ha vissuto un periodo di crisi, approfittando però dell’occasione per cominciare a lavorare su qualcosa di nuovo.
«Quello che ci interessa non è vendere la scarpa in quanto tale, ma puntare invece su qualcosa di più, sull’emozione, su quel quid che vai a cercare quando vuoi fare un regalo a qualcuno a cui tieni. Per questo, più che alle fiere di settore, cerchiamo di partecipare a quelle che riguardano il total look, i profumi, il lifestyle».

LA QUALITÀ

Oggi l’impresa – che sorge ancora nello stesso posto in cui è nata, completamente rinnovato quattro anni fa nell’arredamento come nella logistica – sta vivendo una nuova fase di rivoluzione. «Non ci è mai interessato fare i terzisti», dice Elena. Cioè che invece il Calzaturificio Augusta offre alle aziende con cui collabora è il proprio know-how.
«Vengono da noi imprenditori e marchi: ci sono quelli che vogliono creare da zero una propria linea e quelli che invece ce l’hanno già ma hanno bisogno di un supporto nella ricerca o sull’ottimizzazione della produzione».

IL FUTURO

Nel frattempo Elena Del Carratore inizia a mettere le basi per il prossimo futuro dell’azienda di famiglia: laureata in psicologia, ricercatrice, manager e designer, nel 2015 ha lanciato un proprio marchio, Adoro Te, interamente prodotto all’interno del Calzaturificio Augusta.

Dopo aver debuttato con una collezione di scarpine da bebè in cui ciascun esemplare raccontava una piccola storia, il brand ha iniziato a sviluppare anche una linea per donna e una per uomo, specializzandosi in pantofole da casa realizzate artigianalmente con tutta la cura con cui si realizzano scarpe da “esterno”, e pensate per chi non vuol rinunciare allo stile neppure tra le mura domestiche.

Si tratta di una sorta di chiusura del cerchio: il suo bisnonno Ranieri faceva zoccoli, il nonno Giuseppe veniva chiamato “il re delle pantofole”, tanto belle e ben fatte che chi le acquistava le portava anche fuori.

«Io sono sempre positiva», sostiene Elena. «Nel settore calzaturiero ci sono alti e bassi: bisogna essere elastici come un gommino. Saper attraversare sia i periodi più duri sia quelli in cui c’è così tanto lavoro che non riesci a pensare ad altro. Abbiamo dei progetti, e quando ci sono progetti credo che non possa fermarti nessuno. Le parole chiave per il nostro futuro sono due: crescita e differenziazione».

C’è qualcosa, però, che dal 1927 rende le calzature Augusta speciali. È una specie di segreto, che si tramandano da generazioni: «la scarpa deve parlare», ripeteva spesso Giuseppe, quando vedeva le materie prime, la pelle. E quando un campione non veniva come voleva: «non parla», diceva.
Ecco, cercare di “far parlare le scarpe”. È stato il passato e sarà il futuro del Calzaturificio Augusta.

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